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La Pazza Gioia

Prima di andare a portare il mio charme al bar dove i clienti non aspettano altro, vorrei spendere 4 parole per “La Pazza Gioia”. Perche’ poi dite che sono io che snobbo il cinema italiano, che non mi impegno, che faccio l’esterofila senza cognizione di causa e invece.
Mi sembra inutile ribadire l’ovvio e cioe’ che, con buona pace di Virzi’, sua moglie non e’ in grado di calcare una scena dove non debba interpretare il ruolo di una romana sfasciona. Su questo ci siamo. Non basta lo sforzo di parlare livornese “a modino”. Eppure il corpo di Donatella segnato dal martirio parla gia’per lei dicendo tutto ma, purtroppo, e’ la sola cosa funzioni. Il resto e’ reso estremamente male e il personaggio e’ rovinato in modo indelebile (come la CocaCola sulla seta, per quantificarvi il dramma) dalla Ramazzotti che non riesce a darle spessore MAI.
In piu’, e non e’ una robetta, il film ha una sceneggiatura talmente buttata in caciara da sembrare disonesta per chi non sia cresciuto a pane e meraviglioso mondo di Amelie.
L’incipit e’ davvero magnifico e anche a suo modo poetico (la comunita’ come mondo dove ciascuno comunque rimane solo), poi queste riescono fatalmente a scappare e…?
Senza che nessuno dei loro assistenti sociali e dottori che le hanno in cura chiamino gli SWAT per riportarle a casa, queste due trovano tempo, mezzi e infiniti colpi di fortuna da potersi trasformare in Thelma e Louise guidando un’auto rubata, recarsi in un centro commerciale a fare shopping, farsi rimorchiare, essere raccattate per strada dalla madre  di una delle due (una Anna Galiena che riesce a dare un minimo di senso a quel punto della storia). Poi, per non farsi mancare nulla, vanno giustamente anche alla villa all’Argentario di quella ricca per dare un saluto ad amici e parenti che restano abbastanza seccati dall’improvvisata ma nessuno chiama un’ambulanza. Quella si scopa l’ex marito e gli  frega una cosa come 10.000 euro in contanti per portarli in dono all’amante-bandito che, a quanto pare, invece – non vuole piu’ saperne, manco col binocolo.
Poi – visto che si trovano – vanno a fare un giretto in una discoteca di Viareggio , poi decidono che e’ assolutamente ora di recuperare il rapporto col figlio abbandonato ma ci vanno vestite da comparse di film anni ’50 e poi, a Dio piacendo, finalmente investono la Ramazzotti e il film torna a prendere una piega normale dove due pazze che hanno bisogno di aiuto vengono soccorse da gente con un minimo di carita’ cristiana.
Ora, va bene il film sull’importanza di tutelare questi soggetti e la loro particolarita’, ma il film prende mille direzioni senza arrivare da nessuna parte. Il personaggio della ricca bohemmienne bipolare e’ un po’ banale ma e’ reso magistralmente da Valeria Bruni Tedeschi che, almeno qui, fa la parte del mattatore, conferendo al ruolo – laddove potrebbe subentrare un vago senso di noia – uno spessore tale da prendersi la scena quasi tutto il tempo. Anzi, direi proprio che il E’ lei, lo trascina lei, la pazzia stessa e’ lei, e anche la vita dopo il disastro assoluto e la rovina e gli errori fatti per amore e la faccia tosta e la noncuranza nei confronti del mondo e’ tutto, sempre, lei.
La Ramazzotti si sforza molto – sul serio, eh – ma riesce a rovinare persino il suo monologo sulla spiaggia, che pure era il suo momento piu’ importante dove spiega il dramma d’una madre a cui viene strappato un figlio.
Non mi e’ venuta voglia di benzodiazepine e questo e’ gia un bel passo avanti, ma non portiamo nessuno punto a casa.
Siamo lontanissimi dallo splendore di “Tutti i santi giorni” e dal “Capitale Umano”.
C’era bisogno?!
Bah.

 

Il Nome del Figlio

Forse non lo sapete, ma io scrivo recensioni anche per Cinespresso.

Qui sotto trovate un assaggino de “Il  nome del figlio”. Enjoy!

“Roma, Pigneto. Betta è un insegnante allegra e un’istancabile lavoratrice. Suo marito Sandro è un professore colto e raffinato che impiega tutto il suo tempo su Twitter a scambiare messaggi con sconosciuti. Per cena attendono Paolo, fratello di Betta e brillante agente immobiliare un po’ cialtrone, con sua moglie Simona, scrittrice borgatara di bestseller erotici e infine Claudio, musicista silenzioso che, da sempre, funge da “arbitro” della cricca. Il gruppo di amici si ritrova insieme, unito e goliardico come sempre, ma la situazione prende un piega strana che sfocia nell’assurdo quando Paolo rivela il nome del figlio che aspetta da Simona e che lascia tutti completamente basiti.”

…Ti piace la sinossi di questo film? Allora leggi pure qui tutta la mia recensione.