Alex De la Iglesia, talentuoso regista spagnolo, decide per un momentino di mollare i film e dedicarsi al documentario realizzando un’inguardabile fellatio propagandistica di due ore su Lionel Messi.
Ecco tutto. Credetemi, è solamente questo. E, prima che partano i fischi dalla galleria maschile, non sono in cattiva fede, nonostante detesti da morire il giuoco del calcio.
E’ che io a Messi ci sono affezionata perché era uno degli argomenti preferiti di uno dei miei ex fidanzati, un laziale sfegatato che impazziva per questo ragazzino argentino. Me ne parlava con un tono gentile e vedevo che pure i suoi occhi diventavano più buoni ed era piacevole ascoltare la storia incredibile di questo calciatore che è riuscito ad entrare nell’Olimpo del Calcio nonostante la Natura si fosse dimostrata palesemente ostile.
Siccome io adoro le persone caparbie che lottano in direzione ostinata e contraria per raggiungere ciò che vogliono, il sentir parlare di lui o anche solo vederlo dribblare 8375385 persone per fare goal era una cosa che quantomeno mi faceva stare bene. Mi piacciono i loser che poi spaccano tutto.
Quindi, cacchio, sono a Venezia e non mi vado a vedere “Messi”? Sarei proprio un’idiota patentata. Lo ha fatto De la Iglesia, che fai, rifuggi il cuore per sorbirti i mattoni afgani? Ma non sia mai.
Ma dopo i primi 5 minuti già mi si palesa di fronte agli occhi l’orrore. Dopo il dodicesimo “Es un genio” pronunciato da un qualche ex giocatore del Barca a me sconosciuto mi giro verso Martina e le sussurro, con garbo: “Me sa tanto che è ‘na mezza cagata”.
In questo docu-fiction si alternano ricostruzione filmica, immagini di repertorio ed interviste ai suoi ex o attuali compagni di squadra, giornalisti, scrittori e amici che discutono di Messi MENTRE SONO RIUNITI A CENA (Dio Santo, non farmici ripensare) e dove dicono che:
- Lui è un genio.
- Lui è il Che Guevara di Rosario (si, e mio nonno aveva 5 palle).
- Lui ha affrontato prove INENARRABILI.
- Lui è umile.
- Lui è solo.
- Lui è innamorato della stessa ragazza da 15 anni.
- Lui è il più grande giocatore di sempre.
Usando un brutto linguaggio degno della peggior tv degli ultimi 15 anni, De La Iglesia racconta la vita, l’ascesa e i trionfi del giocatore argentino ricostruendone i momenti più importanti ma anche i più difficili; come i problemi di salute che lo hanno perseguitato nell’infanzia, il distacco dalla famiglia durante l’adolescenza e l’arrivo al Barcellona, che si è fatta carico di lui come un vero e proprio figlio.
Un ottimo intento che però si annacqua totalmente in mezzo al marasma di melassa da tifoso in cui il regista decide di affogare tutto.
Un vero peccato.
Oh, per chiarirci.
Non ci sono “mattoni afgani” al Festival di Venezia. Stavo scherzando. Ogni film, bello o brutto che sia, può avere la sua dignità artistica.
Ma “Messi” è un aborto digitale che può piacere giusto ai tifosi fuori di testa, così privi di onestà intellettuale da dovergli lanciare banane per placarne i bollenti spiriti.
Bocciato.
E mo’ vattene dietro la lavagna in punizione.