SHEPHERD’S BUSH – 14 aprile 2016 – BAR DELLA STAZIONE – Ore 14:17
“Oh, raga, ma lo sapete che Fede se ne va?”
Non reagisco, mi giro verso il cliente: “Small latte with hazelnut inside, right, sir?” La macchina da presa va in primissimo piano: sorrido, perché devo farlo, ma ho QUEL lampo nei miei occhi, quello che tutti a Londra riconoscono anche da lontano e che cercano di ricacciare indietro. Significa: “Sapevo che sarebbe successo.”
FLASHBACK – 31 DICEMBRE 2015 Ore 19:53 – Casa mia
Mi accingo ad entrare nel mio vestito fico color vinaccia. Mi sono pure accorciata la rasatura laterale. I tacchi non li metto, sennò non posso ballare bene. Mi guardo allo specchio. Sará una nottata memorabile. Esco. A mezzanotte ho bevuto mezza bottiglia di spumante, il rossetto é giá andato via e prendo il 94 alla volta di Hammersmith per andare nel pub dove Fede sta servendo 263846234 inglesi giá cosí ubriachi marci da rendere King Street un vomitatoio pubblico. Entro, abbracci a profusione.
AUGURIIIIII!!!!
(…Fra 15 anni vorrò ancora ricordarmi di questa notte e allora la sto vedendo come in un film. Tutta questa felicitá a rallentatore. Vi prego, ragazzi, restate cosí. Fermi, non muovetevi. Gre, ridi, continua a splendere cosí, ti prego. Omar, balla ancora, sorridi ancora e prendi pure tutte le sigarette che vuoi. Rober, vai a prendere subito un altro vodka orange e pagamelo tu. Debbie, sei cosí…Cosí…Fortunata, ecco. E tu Cri, PERCHÉ CAZZO NON SEI VENUTA CON NOI, STASERA?! Fede, portacene un altro! Fede? …Fede, dove sei? Non ti vedo più, dietro al bancone…)
Fede é andato a pisciare e quella postazione é rimasta vuota per 5 minuti.
BUM. La pancia. Quel luogo ameno e umido dove si raccolgono le intuizioni e altre cose selvagge e fuori controllo mi ha appena inviato un messaggio. Decido volutamente di ignorarlo ma, nel frattempo, l’incantesimo s’é rotto di colpo e tutto riprende a velocitá normale.
3 ore dopo litigo in maniera furibonda con Rober per una cazzata, sono sdivanata dagli alcolici e la mia manager mi chiama dicendo che il giorno dopo – IL FOTTUTO PRIMO GIORNO DEL 2016 – dovrò rimpiazzare la succhiacazzi che, molto più furba di me, ha chiamato sick all’ultimo e che quindi attaccherò alle 10 di mattina. Grazie, eh?!
FINE FLASHBACK
Non so se quella notte ho ricevuto uno dei piu grandi presagi di sempre, ma nel giro di due mesi tutto quello che ho intorno si ribalta.
La mia capa decide di alzarmi di livello, perciò mi trovo di colpo con un boato di responsabilitá e un sistema di counting farlocco che decide di andare off proprio mentre sto contando l’incasso della giornata. Assumono persone, il team si rimescola di nuovo, ma qualcosa va storto e cominciamo tutti a innervosirci forte. Scattano gli insulti urlati dietro al bancone:
“…Cristo, sei qui da 6 mesi e non sai ancora fare un cazzo, Valentina!”
“Mavvaffanculo, fatti i fatti tuoi e continua a servire, troia!”
Arrivano i primi complains, mi chiama l’headoffice per capire che succede e io non so bene che rispondergli se non: “A stare qui mi sto incattivendo”.
Il tizio con cui usavo accompagnarmi quando ancora sembravo la sorellina di Heidi si indispone perché lo trascuro da mesi e poi: “…Sei cosí cambiata che quasi non ti riconosco, non sei più come prima”. Io decido che lo status di ‘friend with benefit’ é solo a tempo determinato ed é ora di far cambiare aria alle stanze.
Mi faccio i capelli color ciliegia. Metto un rossetto rosso che adoro. Mi compro dei vestiti che mettono in mostra abbondanti porzioni di pelle chiara. Aggressive Vale. Non male, eh?!
Mi prendo una pausa dai film degli altri e comincio scribacchiare una roba mia, la storia d’un collega, é interessante, perché non mi sono messa in ascolto da prima? Magari esce fuori una bella sceneggiatura…
Una settimana dopo entro in ufficio e scopro che Rober torna in Spagna.
“…Ma in holiday, no?!”
“…No, Vale, per sempre. Ha dato il notice due giorni fa.”
Ah.
Qualcuno dei miei amici va a convivere, altri si defilano ed escono con altre persone. Troppo, tutto insieme. Comincio a prendere la valeriana per dormire. Poi succede una cosa abbastanza normale. Vado in ferie e torno a casa.
Il tizio aveva ragione. Tutto dentro di me é cambiato. Roma mi piace sempre meno perché, beh…É cosí lenta, cazzo. Roma non funziona più, da un tempo cosí immemore che mi stupisco di quanto sia stata in grado di sopportarla prima. I miei mi riempiono di attenzioni ma io debbo notificargli che, no, non mi va la pasta tutti i giorni, anzi non la mangio quasi mai e poi, per favore, ho bisogno di stare sola, non serve che mi tenete compagnia, lo so, sono una figlia di merda.
Tre ore dopo il destino si mette in mezzo co’ una sforbiciata epocale e non avrei mai pensato che l’apprezzamento d’una canzone di Billie Holiday cambiasse, tipo, tutto e rimescolasse le carte in tavola in un modo cosí totalizzante (mi piacerebbe spiegarvi meglio ma sjdhgshgs jdhajgafjgaj asjhgjgfajgfajfga, come si può denotare c’é una interferenza sulla linea).
Completamente scombussolata, rimetto il culo sull’aereo e torno a Londra. A casa mia.
Forse mi serviva guardare le cose da lontano per capire che, soprattutto in una cittá come questa dove nulla dura per più di 10 minuti, a volte tirare i remi in barca e lasciarti andare alla corrente é l’unica scelta sensata che puoi fare. Che la scrematura é un processo brutale ma necessario e quello che resta é l’essenziale che, almeno al momento, ti serve avere nello zaino per andare avanti.
Poi alcune cose le getterai via, altre staranno con te per sempre. Ma lo decidi tu.
SHEPHERD’S BUSH – 26 aprile 2016 – BAR DELLA STAZIONE – Ore 22:32
Guardo Fede di spalle incamminarsi lentamente verso la fermata del suo bus. Ha un andamento dinoccolato, ma le spalle larghe lo fanno sembrare un uomo più grande della sua etá. E io non ho la mia minima idea di cosa cazzo sto dicendo, perché ho gli occhi che annegano nelle lacrime, come tutti quelli che sono qui con me in questo momento.
Quando é venuto a sedersi alla terrazza del bar, per l’ultima volta, sembrava tutto come sempre. Fumacchiare le nostre sigarette, parlare di cazzate, e la musica, e Tenerife e la Fra e quello che verrá dopo che sará tornato in Italia. Forse l’Universitá, forse.
Poi ci siamo alzati, é scattato l’abbraccio di gruppo, sono partiti gli “all the best” e “I will miss you” e sentivo realmente che un pezzo di questa mia nuova famiglia si stava staccando per andare a seminare altrove.
Mi sono ricordata di colpo di tutte quelle volte in cui mi ha perculato dicendomi: “Vale, tu hai la testa nel culo!”, poi mi sono voltata e lui non c’era giá più, era giá altrove, era giá un altro Federico e io un’altra Valentina.
Fede é andato via.
TAKE 1.
FADE IN BLACK.
CUT.
“Cambiare, cambiare tutto, sempre; cambiare in un momento, cambiare in 10 anni; dopo un trauma o un olocausto o solo per amore o per guardarsi allo specchio e vedersi nuovi. Cambiare per tornare a correre o per vedersi come nuova sposa e non solo guerriera con la spada. Vedere gli altri cambiare, restarci male, esserne felici, vederli costruire, vederli distruggere, vederli mutare forma, sapere che si stanno trovando o stanno cambiando pelle come i serpenti. Cambiare colore di capelli, vestiti, il letto della propria casa o cittá o universo. La concezione dell’amore, la concezione politica, la concezione di sé stessi. Porgere il proprio cuore, la gola, le vene; dare tutto, riprendersi tutto. Cambiare perché si é stanchi e stufi, per vedere se c’é dell’altro e andarlo a cercare altrove. Scendere dall’auto e proseguire a piedi, camminare, muoversi con la cartina o senza, perdersi, tornare, ripartire, innamorarsi, aprirsi la testa e vedere cosa c’é dentro, ammettere i propri errori, perdonarsi, darsi tempo, darsi un’altra possibilitá, ricominciare.”*
*Scritto sul mio diario il 23 maggio 2016, seduta sul mio letto. Fumato 3 sigarette, “Me and Mrs Jones” di Billy Paul in sottofondo.